
La retorica in tempi di politically correct rischia di annacquare ogni cosa. Per ricordare l’unicità della Shoah nel Giorno della Memoria occorre uscire dalle declamazioni oratorie. Ma questo in molti, troppi, cosiddetti buonisti crea un grande imbarazzo. Ad uscire dall’accademia è l’ambasciatore d’Israele in Italia, Dror Eydar, intervenuto a Radio Anch’io: “Questo Giorno, che segna il giorno della liberazione del campo di Auschwitz, ha avuto un epilogo importante: dalle ceneri dell’Olocausto di 6 milioni di ebrei, soltanto tre anni dopo siamo tornati alla nostra antica Patria e vi abbiamo costruito uno Stato indipendente. Questo è il miracolo. E tutto questo non a causa dell’Olocausto, ma nonostante l’Olocausto. Questa è la nostra vittoria”.
Unicità
E, in un videomessaggio su YouTube, chiosa: “In questo Giorno dobbiamo ricordare: il sostegno a Israele è una continuazione della vittoria sui nazisti”. Parole molto nette, che si scontrano con quelle di quanti vorrebbero mettere la Shoah nel calderone di repressioni sia pure terribili. Si dimentica che si è trattato di un unicum nella storia dell’umanità, una pianificazione micidiale per l’eliminazione totale degli ebrei dalla faccia della Terra. “L’Olocausto – ricorda l’ambasciatore Eydar – non iniziò nel 1939 e non terminò nel 1945. L’Olocausto è stato il culmine di un lungo processo storico di opposizione alla nostra esistenza. Questa opposizione si è tradotta di atti concreti”, a partire da “quando duemila anni fa fummo costretti all’esilio e ad avanzare poi nel deserto delle nazioni, dipendenti dalla benevolenza degli altri e sforzandoci di sopravvivere, senza un Paese o uno Stato che ci proteggesse. Siamo stati in grado di ricostruire noi stessi, perché non avevamo altra scelta. Il sionismo è l’espressione politica delle antiche profezie sul ritorno del popolo ebraico a Sion. L’Olocausto è stato l’ultimo grande tentativo di fermare questo processo storico”.
Stato ebraico
Eydar rimarca: “È difficile rialzarsi dopo una simile tragedia e lo è stato soprattutto nei primi anni dopo l’Olocausto. Quando i sopravvissuti erano ancora in Europa e il governo del Mandato britannico si rifiutò di permettere loro di raggiungere l’antica Patria. E ancora più difficile è rialzarsi quando sette Paesi arabi dichiarano guerra a 600 mila ebrei che vivevano nel nostro Paese in quel momento”. Da allora, la guerra contro Israele è proseguita con le armi convenzionali e con “quelle che mirano alle coscienze, sotto forma di delegittimazione dell’idea stessa di Stato ebraico”. L’esistenza dello Stato democratico di Israele viene messa in causa da quanti “equiparano il sionismo al razzismo, chiedono il boicottaggio contro di noi. Stanno cercando – afferma Eydar – di continuare ciò in cui non sono riusciti i nostri nemici finora. Questo è il nuovo antisemitismo. Un fenomeno che si nasconde dietro l’antisionismo”, ma anche dietro “le risoluzioni anti-israeliane. Colloco in tale prospettiva storica anche il teatro dell’assurdo delle istituzioni dell’Onu, che anno dopo anno continuano a contraddistinguere Israele in modo negativo. Ogni anno vengono prese circa venti risoluzioni anti-israeliane. A mio avviso sono un chiaro esempio di antisemitismo. A nessun altro paese al mondo, neanche ai più malvagi sono state dedicate così tante risoluzioni negative. Questo è il nuovo antisemitismo, che nasconde il vecchio antisemitismo”.
Liliana Segre e Sami Modiano
Parole precise che fanno venire il mal di pancia agli ampollosi ‘celebrazionisti’ pronti all’uso per ogni ricorrenza. Naturalmente, la Shoah dovrebbe essere raccontata e insegnata in ogni scuola del mondo, come hanno fatto negli anni personalità miracolosamente sfuggite allo sterminio, quali Liliana Segre e Sami Modiano. Ma, come segnala l’ambasciatore Eydar, insieme “bisogna ricordare il miracolo del superamento di Auschwitz con l’istituzione di uno Stato ebraico indipendente nella antica Patria. A febbraio mio figlio maggiore compie 18 anni. Gli ho domandato se comprende che questo giorno parla direttamente di lui, la quarta generazione da Auschwitz. Quando incontrai per la prima volta la sua bisnonna Leah, reduce da Auschwitz, lei mi accarezzò il viso e davanti ai miei occhi brillarono sul suo braccio dei numeri viola…”.