Come tutto nel mondo molto è cambiato nel giornalismo. Una volta c’erano i ‘pastoni’, dove il notista politico raccoglieva quello che era successo nella giornata. Poi cambiò tutto, perché ogni partito voleva articoli particolari. Giusto, sbagliato? Fatto sta che i giornalisti, a volte ispirati, creavano quadri spesso rispondenti al leader di turno. Probabilmente perché è da lì che venivano le notizie. L’eroismo d’altronde non è mai stato un requisito assoluto per chi scriveva, né in tempi di dittatura né in democrazia. Subito dopo il fascismo cambiò tutta la classe giornalistica, salvo come sempre alcune eccezioni eccellenti. Alla Camera entrò come giornalista parlamentare tal Crispino, ottima persona e che si dimostrò anche capace, ma che di lavoro faceva il barbiere in piazza Montecitorio.
Arrivando ai nostri tempi, abbiamo i grandi giornali che non sanno se privilegiare Internet o la la carta stampata. E allora, cosa leggere e come leggere? Naturalmente leggere tutto è sempre meglio. Però alcuni articoli se si vuole capire un po’ la politica è sempre opportuno leggerli. Paolo Mieli, Francesco Verderami, Antonio Polito e Maria Teresa Meli, che scrivono sul Corriere della Sera, vanno approfonditi. Su Repubblica l’affrescatore Francesco Merlo e il principe degli archivi, Filippo Ceccarelli. Mario Ajello è un gioiello del Messaggero. Così come bene informati sono Conti e Gentili. Sansonetti, mai banale, va letto. Travaglio è il più schietto di tutti e anche lui rifugge la banalità. Ovviamente, come ogni altro essere umano, anche i giornalisti non sono apolitici. Possono solo provare a essere apartitici. Quello che alla fine conta è se ci sia, merce rara, l’onestà intellettuale.
Ovviamente di grandi giornalisti ce ne sono stati tanti e hanno avuto un peso, perché le notizie sono da sempre il sale della democrazia. Ricordiamo due dei più grandi (senza scordare Oriana Fallaci e Gianni Brera) con pochi uguali per il loro stile: Eugenio Scalfari e Indro Montanelli. A parte i loro ‘peccati’ di gioventù e un po’ di tardiva megalomania. Il primo un giornalista deduttivo, con la tesi che viene suffragata nei pezzi con tutte le possibili argomentazioni. Il secondo induttivo parte di fatti per arrivare a quelle conclusioni, che probabilmente aveva già in testa…