La scomparsa in un tempo relativamente breve dell’Uomo di Neanderthal (Homo neanderthalensis) è un evento che costituisce tuttora un enigma. Il ritrovamento di nuovi fossili in una grotta nel sud della Francia potrebbe cominciare a fornire risposte. La scoperta e la datazione del dente di un bambino e di strumenti in pietra suggerisce che l’Homo sapiens sarebbe arrivato in Europa dall’Africa circa 54 mila anni fa. Ovvero diverse migliaia di anni prima di quanto si pensasse in precedenza.
Coesistenza
Ciò indica che le due specie avrebbero coesistito per un lungo periodo, in un regime di “guerra” più o meno fredda, che comunque portò all’estinzione dei Neanderthal. I reperti sono stati scoperti in una caverna, nota come le Grotte Mandrin nella Valle del Rodano, da un team guidato dal professore Ludovic Slimak, dell’Università di Tolosa. “Siamo in grado di dimostrare – sostiene il paleoantropologo – che l’Homo sapiens è arrivato 12 mila anni prima del previsto. E questo riscrive letteralmente tutti i nostri libri di storia”. Un dettagliato studio è stato pubblicato sulla rivista Science Advances. L’uomo di Neanderthal fu presente in Europa nel periodo paleolitico medio, compreso tra i 200 mila e i 40 mila anni fa. Prende il nome dalla valle di Neander presso Düsseldorf in Germania, dove vennero ritrovati i primi resti fossili nel 1856.
Homo
Fu un “Homo” molto evoluto, in possesso di tecnologie della pietra elevate e dal comportamento sociale piuttosto avanzato. La nuova scoperta suggerisce che le due specie avrebbero potuto coesistere in Europa per più di 10 mila anni, prima che i Neanderthal si estinguessero. Secondo il professor Chris Stringer, del Natural History Museum di Londra, questo mette in discussione l’opinione secondo cui la nostra specie soverchiò rapidamente i Neanderthal. “Non ci fu una ‘vittoria’ da un giorno all’altro da parte degli esseri umani moderni – ha detto Stringer a BBC News -. A volte i Neanderthal si trovarono in vantaggio e a volte i Sapiens. Così tutto fu molto più incerto, più bilanciato”.
Strati
Gli scavi a Mandrin sono avvenuti a strati e in uno di quelli più profondi, risalente a circa 54 mila anni fa, gli archeologi hanno trovato con sorpresa la presenza di prove fossili diverse da quelle prevalenti associate ai Neanderthal. Gli studiosi di Tolosa rimarcano: “Si dimostrano successive fasi di sostituzione nell’occupazione del sito: prima Neanderthal e dopo Umani moderni. E poi ancora Neanderthal e quindi definitivamente Umani moderni. Le importanti differenze tecniche negli oggetti in pietra all’interno della sequenza archeologica sono associabili a due diversi gruppi umani”. Il professor Stringer chiosa: “Abbiamo questo flusso e riflusso, forse legato anche a modificazioni climatiche”. Oppure, come ipotizzano altri ricercatori, allo sviluppo di armi più moderne.
DNA
Alcuni reperti potrebbero essere punte di freccia. L’uso di archi e frecce avrebbe fornito un vantaggio militare ai Sapiens. Poi ci sarebbe stato il ritorno dei Neanderthal, cacciatori prevalentemente carnivori, ma privi armi da lancio. Successivamente i Sapiens, dotati di una corporatura che li rendeva più resistenti nel percorrere lunghe distanze, onnivori e socialmente più organizzati, presero il sopravvento. Tuttavia, della interazione prolungata tra le due specie restano tracce nel nostro DNA. Nel 2010 un rapporto sul genoma di Neanderthal sequenziato da una società di biotecnologie USA rivelò che gli esseri umani moderni hanno una piccola quantità di DNA degli ‘avversari’ del tempo preistorico. La gamma di contributi genetici va dall’1% al 4%. Stringer rileva: “Non sappiamo se si trattò di uno scambio ‘pacifico’ di partner o del frutto di rapimenti. Me è anche possibile che piccoli di Neanderthal abbandonati o rimasti orfani siano stati adottati dall’altro gruppo”.