Ancora nessuna svolta nella crisi Ucraina, proseguono i bombardamenti russi a sud-est ma anche a nord intorno a Kiev.
Una sorta di ‘gelata’ è caduta sulle speranze di pace alimentate ieri dal (presunto, perchè smentito da Mosca) ripiegamento delle truppe russe intorno alla capitale con le parole del portavoce del Cremlino Dmitry Peskov che non vede sviluppi promettenti nei negoziati in corso a Istanbul. Un’altalena, perchè il ministro degli esteri di Mosca Serghej Lavrov in visita a Pechino per rafforzare il legame con Pechino – in apparente contrasto con Peskov – vede invece progressi sul tavolo negoziale, in particolare sulla futura neutralità dell’Ucraina sulla quale ci sarebbe l’ok di Zelensky.
Ma oggi le novità vengono da Mosca, dove si è mosso Putin in prima persona che ha parlato della guerra e del gas in due telefonate con il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il premier italiano Mario Draghi. Un Putin che – secondo l’intelligence americana – non sarebbe informato correttamente dai suoi generali e consiglieri, insomma dal suo cerchio magico, sull’andamento dell’invasione, un’aggressione che doveva sortire i suoi effetti nel giro di 48 ore. Sono invece passati 35 giorni e gli analisti Usa ritengono che allo zar del Cremlino non siano state rivelate, da chi doveva farlo, certe verità sugli sviluppi della guerra. E ciò sarebbe avvenuto “per paura”, come la forte e inaspettata resistenza ucraina o il fatto che la maggioranza delle truppe utilizzate per l’invasione sia costituita da giovani soldati di leva.
Al centro della telefonata di un’ora Putin-Draghi (“La chiamo per parlare di pace” ha detto il premier italiano) c’è stato l’andamento del negoziato tra la Russia e l’Ucraina e i suoi ultimi sviluppi. Draghi ha sottolineato l’importanza di stabilire quanto prima un cessate il fuoco, per proteggere la popolazione civile e sostenere lo sforzo negoziale ed ha ribadito la disponibilità del governo italiano a contribuire al processo di pace, “in presenza di chiari segni di de-escalation da parte della Russia”. Nella telefonata con Draghi, riferisce il Cremlino, il presidente russo Vladimir Putin ha riferito sugli sviluppi dei negoziati di ieri a Istanbul tra le delegazioni di Mosca e Kiev e sulla richiesta di Mosca di pagamento in rubli per le forniture di gas. Quest’argomento è stato anche al centro della conversazione telefonica tra Putin e Scholz ed ha comportato un’importante novità: secondo fonti berlinesi Putin avrebbe affermato che il nuovo sistema per il pagamento in rubli, invece che in euro o dollari, delle forniture di gas russo ai ‘paesi ostili’ potrebbe richiedere del tempo per la sua attuazione, l’annuncio di una sorta di dilazione che Germania e Italia fortemente dipendenti dal gas russo non potranno che accogliere con soddisfazione.
Questo sul piano internazionale. Ma mentre c’è la guerra ai confini dell’Europa, in casa nostra si litiga e di brutto sull’impegno preso con la NATO (nel 2014) di riservare il 2% del PIL alle spese per la nostra Difesa, traguardo da raggiungere entro il 2024. Draghi vuole mantenere l’impegno entro la data fissata. Conte vuole spostare in avanti l’appuntamento, fino al 2030. Dopo lo scontro di ieri a palazzo Chigi tra i due, premier ed ex-premier, per fortuna oggi si registra una schiarita rispetto ai rischi di una crisi di governo innescata dall’impuntatura del rieletto presidente dei Cinquestelle. A mediare ci ha pensato il ministro della Difesa Lorenzo Guerini che, d’accordo con il segretario dem Letta – preoccupato e anche irritato per la mossa dell’alleato Conte – e in contatto con il Quirinale, ha sottolineato la ‘gradualità’ dell’impegno preso con la NATO ed ha suggerito di spostare la data dal 2024 al 2028. Proposta subito accolta dai grillini che hanno visto nel ‘lodo Guerini’ un modo per uscire dall’imbuto nel quale si erano cacciati – Draghi aveva fatto capire che si trattava di un ‘dentro o fuori’ – e anche per evitare crisi di governo ed elezioni anticipate. Bisogna vedere cosa farà Draghi, che ieri anche con Mattarella è apparso molto determinato a mantenere alta la credibilità del paese a livello internazionale.