
L’appello di Save the Children in Afghanistan a gennaio 2023 riguarda donne e bambini. A due settimane dal divieto per le donne di lavorare nelle ONG, i bambini afghani potrebbero essere spinti a tornare al lavoro per aiutare economicamente le proprie famiglie. Il divieto di impiego nel sociale per le donne arriva in un momento in cui l’Afghanistan sta affrontando la peggiore crisi economica e alimentare mai registrata. Oltre 28 milioni di bambini e adulti hanno bisogno di assistenza umanitaria. Una recente indagine ha rilevato che il 29% delle famiglie con capofamiglia donna nel 2022 aveva almeno un figlio impegnato nel lavoro minorile, rispetto al 19% dell’anno precedente.
Le donne sono indispensabili
Save the Children, presente nel Paese dal 1976, ha dovuto sospendere le attività in Afghanistan dopo il divieto di lavoro che ha colpito le operatrici sociali. Le quali costituiscono il 50% della forza lavoro dell’Organizzazione. Le donne sono fondamentali per raggiungere le bambine e le ragazze che, per motivi culturali, non possono interagire con operatori umanitari uomini. A due settimane da quando i talebani hanno proibito alle donne di lavorare per le organizzazioni non governative internazionali o nazionali in Afghanistan, i bambini potrebbero essere costretti a tornare a lavorare. Lavoreranno per strada, nelle fabbriche o nelle case private; dal momento che i servizi che li sostengono sono stati sospesi a causa del divieto. È questo l’allarme lanciato oggi da Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e le bambine e garantire loro un futuro.
Bambini e bambine in pericolo
I genitori che cercano disperatamente di sfamare le proprie famiglie, mandano sempre più spesso i propri figli a lavorare in ambienti molte volte pericolosi. Una delle operatrici di Save the Children per la protezione dei bambini, ha dichiarato di essere profondamente preoccupata dalle conseguenze di questo divieto. I bambini e le bambine saranno impiegati nel lavoro minorile di nuovo. “Il divieto per le lavoratrici umanitarie significa che non possiamo gestire i nostri programmi di assistenza ai bambini, in particolare alle femmine, impiegate nelle forme più pericolose di lavoro minorile. Come il lavoro nelle fabbriche di mattoni, nei cantieri, nelle case delle persone, nella raccolta rifiuti e nell’accattonaggio per le strade” ha sottolineato l’ex operatrice dell’Organizzazione. “Il nostro personale femminile è coinvolto in ogni aspetto dei programmi. Dall’andare porta a porta per identificare le ragazze coinvolte nel lavoro minorile, iscriverle a scuola e sostenerle nell’educazione. O iscriverle alla formazione professionale, insegnare alle ragazze competenze tecniche e aiutarle a creare le proprie attività. Se non possiamo riprendere i nostri servizi di protezione dei minori con il nostro personale femminile, molte ragazze saranno impiegate nuovamente nel lavoro minorile e ritorneranno nell’indigenza”. Ha concluso l’operatrice che per motivi di sicurezza deve rimanere anonima.
La testimonianza
Save the Children riporta la storia di una ragazza di 16 anni che in Afghanistan è stata costretta a lasciare la scuola per lavorare. Era stata ritrovata a fare l’elemosina in strada dall’Organizzazione umanitaria. Il team di Save the Children l’aveva individuata e iscritta al programma di formazione professionale preposto in loco. “Avevamo molti problemi finanziari in famiglia e io lavoravo nelle case di altre persone pulendo, lavando i piatti, badando ai bambini e cucinando. Ma non era abbastanza, quindi ho dovuto iniziare anche io a chiedere l’elemosina. Ero così sconvolta, infelice e stanca della mia vita”, ha raccontato la sedicenne. “Lo staff di Save the Children è andato di casa in casa per identificare i ragazzi e le ragazze vulnerabili. Qualcuno ha raccontato loro di me e che lavoravo in casa di alcune persone. Poi mi hanno fatto delle domande e, per due mesi, ho seguito corsi di alfabetizzazione. Poi abbiamo iniziato la formazione professionale. Sto imparando a ricamare, cucire vestiti e disegnare abiti. È una buona opportunità per me e mi sento così felice” ha concluso la ragazza. Con i programmi sospesi a causa del divieto, ora è a casa e teme di essere costretta a tornare al lavoro.
Revocare il divieto
“Recentemente ho parlato con lei ed è molto arrabbiata per la sospensione della formazione. Le ho chiesto se avrebbe potuto imparare da un membro dello staff di sesso maschile. Lei ha detto che suo padre e la comunità non le avrebbero permesso di frequentare le lezioni con insegnanti uomini e che non avrebbero potuto farle visita a casa”, ha spiegato l’operatrice afghana. “Ha detto che sperava di aprire un’attività in proprio un giorno e diventare una formatrice presso il centro. Ora è a casa e ha paura di ciò che le riserverà il futuro”. Il divieto imposto dai talebani alle donne impiegate nelle ONG avrà un impatto devastante su milioni di bambini, donne e uomini bisognosi di aiuto in tutto l’Afghanistan. Save the Children, insieme ad altre ONG internazionali, chiede un’immediata revoca del divieto e garanzie da parte delle autorità competenti che il suo personale femminile sarà in grado di lavorare in sicurezza e senza impedimenti.
Aiuti umanitari
Da quando i talebani hanno ripreso il controllo dell’Afghanistan nel 2021 Save the Children ha fornito un supporto salvavita a quasi 4 milioni di persone, tra cui 2 milioni di bambini. I servizi di protezione dell’infanzia includono supporto alla salute mentale e psicosociale per i bambini in sessioni di consulenza individuale e di gruppo. L’Organizzazione fornisce anche sovvenzioni in denaro alle famiglie per aiutarle a evitare di ricorrere a misure disperate per sopravvivere. Come farli sposare precocemente per soldi o mandarli a lavorare. Il progetto dell’Organizzazione sul lavoro minorile aiuta i bambini a tornare a scuola. Se ciò non è possibile, Save the Children fornisce loro formazione professionale e una piccola borsa di studio per aiutarli a creare un reddito sicuro e sostenibile. Ora però tutte queste attività sono sospese a causa del divieto di lavoro delle donne afghane nelle ONG.