
La maledizione della mummia colpisce se stessa: i musei britannici stanno optando per il termine ‘persona mummificata’, per uscire dal cliché della mummia stile film horror. Piuttosto che per evitare di continuare a raccontare il colonialismo con termini razzisti e imperialisti. Evocazioni a parte, il termine mummia sembra non essere più chic. Eppure le mummie sono tra i reperti storici più visitati nei musei di tutto il mondo. E’ per questo motivo che la filmografia è piena zeppa di pellicole che trattano il tema della mummia. Un pò in tutte le salse, dalle rievocazioni storiche alle maledizioni delle mummie che si alzano e camminano. Più che un incubo, nell’immaginario collettivo, ormai è diventata una barzelletta. Che fa ridere grandi e piccini. Alcuni musei in Gran Bretagna, per non confondere più la storia con la fantasia, hanno incominciato a utilizzare termini alternativi per descrivere l’esposizione di resti umani dell’antico Egitto. ‘Persona mummificata’ sottolinea che una volta la mummia in questione era un individuo, un essere umano, una persona vivente e non un astratto ammasso di garze e oli profumati. Da cui peraltro deriva il nome mummia. Dall’arabo ‘mūmiyya’, nome che utilizzano gli Arabi d’Egitto e che indica la materia adoperata per l’imbalsamazione.
John e Jane Doe
Daniel Antoine, custode del dipartimento per l’Egitto e il Sudan al British Museum di Londra, ha spiegato alla CNN che i resti umani imbalsamati che sono giunti al museo da ogni parte del mondo, possono essere nominati e classificati secondo i metodi di conservazione. “Abbiamo mummie dall’Egitto pre-dinastico, che chiameremo mummie naturali perché non sono state mummificate artificialmente”, ha spiegato Antoine. E ha aggiunto: “L’uso del termine ‘resti mummificati’ può incoraggiare i visitatori a pensare all’individuo che un tempo viveva”. Il problema esiste. Infatti sembra che i risultati di una ricerca sui visitatori del Great North Museum ha evidenziato che la donna egiziana mummificata conosciuta come Irtyru non veniva percepita come una persona defunta. “Mostrandola in modo più sensibile”, ha detto Adam Goldwater, direttore del museo, “speriamo che i nostri visitatori vedranno i suoi resti per quello che sono veramente. Non un oggetto di curiosità, ma un vero essere umano che una volta era vivo. Una donna che all’epoca della sua esistenza aveva una convinzione molto specifica su come il corpo dovesse essere curato dopo la morte”. Tuttavia il British Museum non ha vietato l’uso del termine mummia per identificare i corpi imbalsamati in esposizione nelle sue famose gallerie. La cosa migliore sarebbe aggiungere il nome proprio della persona mummificata insieme alla descrizione dei resti. Ma non sempre questo è possibile. Forse bisognerebbe chiamarli ‘John e Jane Doe’ come fanno gli americani ai nostri giorni quando trovano cadaveri non legalmente identificabili.
Elogio della Storia
Nel frattempo, un portavoce del National Museum di Scozia a Edimburgo ha dichiarato, sempre ai microfoni della CNN, che: “il termine ‘mummia’ è moderno, e non antico”. E che lo si usa più come aggettivo descrittivo per oggetti. I termini ‘maschera di mummia’ o ‘bendaggio della mummia’ sono tutti usati sulle etichette dei resti umani del museo. Molti musei in Gran Bretagna oggi ancora risentono, nella descrizione delle loro collezioni, del modo in cui gli oggetti sono stati acquisti durante il periodo imperiale e coloniale. Il pensiero e le azioni dell’epoca si basavano sulla comprensione razziale e razzista del mondo. Oggi è bene riflettere su come viene rappresentato il passato in luoghi in cui si conserva la Storia, come i musei. Gli oggetti repertati vanno presentati al pubblico odierno senza pregiudizi storici di alcun tipo. Per questo motivo le etichette devono essere ripensate. Così come alcuni nomi entrati nell’immaginario collettivo in modo poco coerente. Ad esempio, oggi si è capito che per descrivere i resti mummificati è bene raccontare la storia di come e quando gli archeologi li hanno rinvenuti. Questo è Storia, non i film sulle mummie che ritornano in vita a perseguitare i posteri.