
Chiese in fiamme nei territori dei popoli indigeni nel Canada occidentale. Gli episodi dopo la scoperta di un migliaio di tombe senza nome di nativi, in ex scuole gestite dalla Chiesa cattolica. I ritrovamenti hanno riacceso il dramma vissuto da circa 150 mila bambini di popolazioni autoctone, separati dalle famiglie e dalla loro cultura e iscritti a forza, fino agli anni ’90 del secolo scorso, in 139 scuole lager.
Genocidio culturale
L’indagine di una commissione d’inchiesta ha parlato di un vero e proprio “genocidio culturale”. Più di 4 mila giovani sono morti per malattia o per le pessime condizioni di sussistenza. Molti di loro hanno subito maltrattamenti o abusi sessuali. Con la mappatura radar del terreno, a maggio sono stati individuati i resti di 215 bambini della Nazione dei Tk’emlúps te Secwépemc, uno dei popoli autoctobi del Canada, nella British Columbia. Le sepolture senza nome di trovavano nella Kamloops Indian Residential School, attiva dal 1890 e chiusa nel 1978. La scorsa settimana la Nazione Cowessess ha annunciato il ritrovamento di 751 tombe presso la Marieval Indian Residential School nel Saskatchewan nella regione del Western Canada. Una tragedia immensa, che vede un ruolo preciso della Chiesa cattolica nella campagna di assimilazione forzata per i giovani indigeni.
Incendiari
I ragazzi venivano obbligati a seguire le tradizioni dei colonizzatori europei, inclusa l’adozione del cristianesimo. Incendiari finora sconosciuti hanno dato alle fiamme alcune chiese nella regione di British Columbia. Il 21 giugno il fuoco ha distrutto due siti religiosi a Penticton e a Oliver, che distano tra loro una cinquantina di chilometri. Nell’ultimo fine settimana incendiati edifici di culto cattolici a St. Ann e a Chopaka nell’area di Similkameen Country, abitata dall’omonima Nazione indigena.
Terribili errori
“Le indagini sugli incendi di chiese sono in corso senza arresti o accuse”, ha detto il sergente della Royal Canadian Mounted Police, Jason Bayda. Venerdì scorso il primo ministro canadese, Justin Trudeau, si è pubblicamente scusato per i “terribili errori” nella politica di assimilazione forzata delle Nazioni autoctone. Il premier ha chiesto al Papa un analogo riconoscimento degli sbagli compiuti e non ha escluso l’apertura di un’indagine penale.