
“Se oggi c’è un inferno al mondo è questo, l’acciaieria Azovstal di Mariupol”, dicono fonti ucraine enfatizzando la resistenza opposta dal reggimento Azov ai ripetuti e violenti attacchi dell’esercito russo per il secondo giorno consecutivo.
“Gli ultimi undici chilometri quadrati di libertà sono stati trasformati in un inferno” dicono le stesse fonti parlando del massiccio assalto dei russi all’impianto industriale nei cui cunicoli oltre ai militari di Kiev dovrebbero essere ancora intrappolati circa duecento civili.
L’acciaieria e la stessa Mariupol sono diventate per Zelensky – che ha parlato di “giorno della liberazione vicino” cercando di infondere coraggio ai suoi – simbolo della resistenza del paese all’invasione russa ma nello steso tempo costituiscono un obiettivo, forse l’obiettivo, che Putin non vuole lasciarsi sfuggire, una sorta di trofeo da mostrare al mondo il prossimo 9 maggio, per la festa della Vittoria che si celebrerà a Mosca (a proposito, le feste della Vittoria che dovevano celebrarsi il 9 maggio nelle autoproclamate repubbliche di Lugansk e Donetsk nel Donbass sono state annullate dai russi). “Ci sono battaglie pesanti e sanguinose nei pressi e ormai anche dentro l’impianto industriale – ha detto il comandante del reggimento Azov Denis Prokopenko in un video messaggio notturno dall’interno dell’acciaieria Azovstal – ringrazio il mondo intero per l’enorme sostegno della guarnigione di Mariupol. I nostri soldati se lo meritano. Nonostante tutto, continuiamo a eseguire l’ordine: mantenere la difesa”.
In questo scenario è stata annunciata la proposta di Vladimir Putin: “La Russia è pronta a garantire un’uscita sicura dei civili dall’acciaieria Azovstal di Mariupol, ma i militari nello stabilimento devono arrendersi” ha detto il presidente russo in una telefonata con il premier israeliano Naftali Bennett, secondo quanto riferisce la Tass. La parola passa a Kiev.