
Silvia Romano, la cooperante italiana di 25 anni rapita in Kenya diciotto mesi fa, poi finita nelle mani dei terroristi islamici di al Shabaab, e liberata venerdì sera in Somalia a pochi chilometri da Mogadiscio nel corso di un’operazione congiunta dei servizi somali, turchi e italiani dell’Aise – forse rilasciata dai suoi rapitori dietro il pagamento di un riscatto, ma non c’è conferma – è arrivata in Italia a bordo di un aereo dei nostri servizi che è atterrato a Ciampino nel primo pomeriggio. La ragazza aveva il capo coperto e indossava una veste tradizionale islamica, lunga e verde, i sandali e la mascherina come da prescrizioni anti-Covid. E’ stata accolta alla scaletta dal premier Conte e dal ministro degli Esteri Di Maio oltre che dalla sua famiglia: il padre, la madre e la sorella che stasera la riporteranno a casa, a Milano. Poche parole davanti a microfoni e telecamere e un gran sorriso: “Sono felicissima. Bello essere tornata. Sto bene – ha detto Silvia – sono stata forte. Ora è finito tutto, sono felice e non vedo l’ora di abbracciare la mia famiglia. Sto bene – ha voluto precisare – mentalmente e fisicamente. Grazie a tutti”. Applausi dal premier e dal titolare della Farnesina. Poi Silvia è stata portata dai carabinieri del Ros in una caserma per essere interrogata dai pm che indagano sul suo sequestro (per il reato di rapimento con finalità di terrorismo) e che vorranno sapere tutto di questi diciotto mesi. E’ ancora un mistero se Silvia si sia convertita all’Islam o meno. Presumibilmente questo è un aspetto che verrà chiarito nell’interrogatorio. Mentre la ragazza avrebbe smentito di essere stata costretta nel corso della lunga prigionia a sposarsi, alcune fonti rivelano che Silvia Romano invece avrebbe confermato di essersi convertita all’Islam. Secondo Open Silvia avrebbe riferito della sua conversione con la precisazione di averlo fatto volontariamente, senza essere stata costretta da nessuno – all’arrivo forse non a caso ha voluto sottolineare di star bene, “mentalmente e fisicamente” – e di essere stata trattata umanamente dai suoi sequestratori. A proposito della conversione gli investigatori sottolineano come forse debba essere tenuta in considerazione la condizione psicologica della cooperante durate la prigionia.