Vaccini si allarga l’offerta. Anche l’India approva il suo siero

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Vaccino India
(foto it.wikipedia.org)

Si allarga l’offerta di vaccini anti-Covid. La scena mondiale della lotta alla pandemia è in pieno movimento. Accanto ai prodotti proposti dalle grandi multinazionali si stanno sviluppando vaccini ‘autarchici’. Dopo il disco verde al primo siero prodotto in Cina, buone notizie vengono dal secondo paese più popoloso del pianeta, l’India. Nuova Delhi ha approvato due vaccini: il Covaxin, sviluppato dall’azienda locale Bharat Biotech, e l’AstraZeneca/Oxford. In Italia ha superato la fase 1 della sperimentazione il vaccino della ReiThera di Castel Romano.

Export

L’India è il più grande fornitore di medicinali generici a livello globale e produce circa il 60% di vari tipi di vaccini distribuiti nel mondo. Secondo quanto dichiarato alla BBC da un funzionario del ministero degli Esteri indiano, il paese asiatico inizierà a esportare vaccini contro il Coronavirus entro due settimane. Tutto ciò mentre la stessa India si appresta a dare il via a un mega programma di vaccinazioni, con l’obiettivo di immunizzare circa 300 milioni di persone entro luglio. Le prime esportazioni di vaccino indiano saranno indirizzate ai vicini paesi dell’Asia meridionale come il Bangladesh, ma anche verso Arabia Saudita e Marocco. “L’India come il più grande produttore di vaccini – ha detto l’alto funzionario all’emittente britannica – è completamente consapevole dei suoi impegni nei confronti dei vicini e del resto del mondo”. Bharat Biotech e Serum Institute of India, che produce l’AstraZeneca/Oxford in India, aumenteranno enormemente la produzione per soddisfare la crescente domanda.

Varianti

Il mondo si aspettava un dopo Natale più sereno. La notizia che finalmente i vaccini avrebbero fatto il loro ingresso in campo tra metà dicembre e l’inizio del nuovo anno ci aveva fatto sperare in una fine di pandemia più imminente. Ma ci sono ancora troppe incognite a preoccupare gli immunologi. Innanzitutto c’è il problema del numero delle dosi a disposizione. La Gran Bretagna potrebbe attendere più giorni prima di somministrare la seconda dose per paura di non averne abbastanza. Ma questo potrebbe ridurre la capacità degli anticorpi di essere efficaci contro il virus. La Germania sta valutando la stessa strada, ritardare il richiamo anche oltre i 42 giorni. Una scelta che sembra essere messa in discussione dai dati che arrivano dall’Italia e, in particolare, da Codogno, uno dei primi focolai, dove alcune persone che avevano contratto il virus a febbraio-marzo del 2020 si sono ammalate di nuovo. Questo significa che gli anticorpi non funzionano nel lungo periodo. Come per l’influenza allora l’ipotesi è quella di doversi vaccinare contro il Sars-Cov2 ogni anno. C’è poi la questione delle varianti del virus, quella “inglese” e ora anche quella “sudafricana” preoccupano. Secondo l’immunologo canadese, John Bell, il vaccino di AstraZeneca e quelli di BioNTech e Moderna potrebbero essere parzialmente inefficaci sul virus nella variante sudafricana. Ciò potrebbe richiederebbe aggiustamenti sui vaccini già esistenti, per poter affrontare in futuro anche altre nuove varianti.

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