“Mai con lui”.
Secca la risposta del presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Vladimir Putin che subito dopo aver firmato l’annessione di quattro regioni ucraine alla Russia – quelle dove si sono svolti i referendum – con una solenne cerimonia prima al Cremlino e poi sulla piazza Rossa – ha aperto ad una ripresa delle trattative con il paese aggredito il 24 febbraio.
Lo ha fatto naturalmente a modo suo, scaricando sul comportamento definito “terroristico” di Kiev tutta la colpa della guerra che, sempre per il leader russo, è stata iniziata dall’Ucraina. “L’Ucraina deve cessare il fuoco cominciato nel 2014, siamo pronti a tornare al tavolo dei negoziati ma la scelta dell’annessione della popolazione delle quattro regioni ucraine non è più in discussione” ha scandito Putin parlando dei quattro referendum che si sono svolti dal 23 al 27 settembre nelle aree “ora liberate” di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia. Una consultazione definita “farsa” da tutto lo schieramento occidentale, Italia compresa, da Draghi alla Meloni.
Per Putin “l’Unione Sovietica è passata e non tornerà” ma i russi che vivono al di fuori dei confini della Russia “possono tornare alla loro patria storica”. Lo zar del Cremlino ha chiuso il suo intervento all’attacco contro l’Occidente assicurando al popolo russo di essere “pronto a difendere la nostra terra con tutti i mezzi a nostra disposizione”. La “nostra terra” è ovviamente la Russia che da oggi comprende anche le quattro regioni filorusse dell’Ucraina. Un messaggio dai toni minacciosi rivolto all’Occidente, alla Nato e a tutti i paesi schierati contro Mosca sulla guerra in Ucraina “impegnati a seminare il caos nello spazio ex sovietico con rivoluzioni colorate e bagni di sangue”, l’analisi dello zar , per salvaguardare la propria “egemonia unipolare”. “Li chiamate alleati ma sono i vostri vassalli” ha alzato i toni il presidente russo rivolto a Washington e alla Nato, “perseguite il profitto ma non potrete dare i dollari da mangiare alla vostra gente né coi dollari potrete scaldare le case” ha concluso con durezza.
Al di là dell’apertura sulla ripresa delle trattative con Kiev, quello del giorno dell’annessione non è sembrato quindi un discorso di chi cerca la pace ma piuttosto l’orazione di un leader che soffia sull’orgoglio nazionale, un leader che per giustificare l’annessione parla di “grande Russia”, della disfatta dell’Urss come di una “disgrazia” e della necessità di riunire il popolo russo.
Sull’invito a Kiev la risposta di Zelensky è arrivata a stretto giro, altrettanto decisa. Pronto a negoziare ma “mai con Putin presidente” ha detto il capo dello Stato ucraino che anzi ha rilanciato con una decisione che è altro fumo negli occhi di Putin. Zelensky ha convocato un consiglio di difesa urgente alla fine del quale ha chiesto “procedure accelerate” per aderire alla NATO. “Di fatto siamo già nella Nato. Di fatto abbiamo già dimostrato la compatibilità con gli standard dell’Alleanza”, standard che “sono reali per l’Ucraina, reali sul campo di battaglia e in tutti gli aspetti della nostra interazione. Ci fidiamo gli uni degli altri, ci aiutiamo a vicenda e ci proteggiamo a vicenda. Questa è l’Alleanza” ha detto Zelensky in un video postato sul suo profilo. “Di fatto. Oggi l’Ucraina chiede di farlo de jure. In modo accelerato”.