Tutti per uno, ognuno per sé. E se Renzi facesse FIV?

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Draghi testimonial
(foto governo.it)

All’indomani della nascita del governo Draghi di respirava aria pura sul Colle. Mattarella era soddisfatto per avere risolto nel migliore dei modi una matassa che sembrava difficile da dipanare. Dai suoi ambienti si faceva sapere che non voleva essere considerato come un criptomonarca, né i ministri dovevano essere essere considerati come consiglieri del re. Tanto per prendere un po’ le distanza da re Giorgio. L’avere trovato l’uomo giusto per la lotta al Covid e per utilizzare al meglio il Recovery Fund giustamente lo inorgogliva. Allo stesso tempo invitava tutti i partiti a mantenere fede a quel “bagno d’umiltà” fatto nell’accettare le sue decisioni. Draghi ha subito iniziato a lavorare alacremente, ma in silenzio, come nel suo stile.

Ha già fatto i primi aggiustamenti con Gabrielli ex capo della polizia e con la sostituzione di Arcuri con il generale Figliolo. Però i partiti sono in completo subbuglio, se per ora vale l’uno per tutti, assolutamente non vale il tutti per per uno. Ognuno va a ruota libera (forse Draghi dovrebbe zittirli come ha già fatto un volta con Salvini e Zingaretti un po’ di più) e sia il centrosinistra che il centrodestra sono in preda alla confusione. Soprattutto a sinistra dopo l’investitura di Grillo a Conte come capo dei grillini (tra l’altro si è ormai consumata la rottura con Casaleggio. I dissapori c’erano già con Casaleggio senior) con la speranza di cercare di recuperare anche l’alla movimentista.

Ora il fatto è che il traballante Zingaretti, persona onesta ma forse eccessivamente dialogante, aveva come prospetto quello di un’alleanza stabile con il M5S, con magari proprio Conte considerato come una riserva fondamentale per la sinistra. Poi chissà cosa spinge da tempo il Pd, per la verità più la parte che proviene dal vecchio Pci, a cercare sempre un Papa straniero, resta un mistero. Perché non mettere in corsa un proprio uomo? Almeno la destra combatte per mettere uno dei suoi Salvini vorrebbe fare il premier, ma deve vedersela con la Meloni, in continua crescita nei sondaggi, e con i centristi di Forza Italia, che non intendono cedere lo scettro, pur mancando di uomini di punta vista l’età di Berlusconi.

Attualmente più in grado di suggeritore che altro. Poi c’è Renzi, del quale non bisogna dimenticarsi, perché se è vero che conti alla mano conta poco, sembra però contare molto nei futuri equilibri. Innanzi tutto potrebbe diventare il king maker per la corsa al Quirinale e poi potrebbe volere dare vita ad un centro vero, cercare l’unione con Berlusconi, ormai a secco di delfini? Il nome sarebbe la cosa più facile, nessuno dovrebbe rinunciare a niente Forza Italia Viva (FIV). E se si arrivasse a quattro poli? Il Pd che non può certo diventare vassallo dei cinque stelle, i grillini di Conte, un nuovo centro e una destra. Una partita tutta aperta, molto dipendente da una nuova legge elettorale sempre che ci sarà. Ma la partita sarà molto interessante anche se rimarrà questa legge elettorale.

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