
Il ddl Zan, o meglio i franchi tiratori che l’hanno affossato, suona come un campanello d’allarme per il Quirinale. C’e chi sospetta che sia una sorta di avvertimento della pancia centrista del Parlamento, quella terra di mezzo che tra Camera e Senato può contare su un centinaio di voti. E così se il Parlamento è liquido ed i partiti non riescono a controllore tutti i loro, ogni muro contro muro è destinato a fallire. Occorrerebbe partire da una base di voti molto ampia e questo rende il gruppone centrista indispensabile a chiunque voglia portare a casa il risultato. Il day after e’ comunque all’insegna del pallottoliere. Perché se e’ vero che mancano ancora tre mesi, per la politica è come se fosse domani. Perché ormai ogni piano politico passa per questo appuntamento, con tutti i leader pronti ai blocchi di partenza, per individuare soluzioni e strategie. In tutto i grandi elettori sono 1009. Nei primi tre scrutini serve una maggioranza di 2/3. Dal quarto in poi basta la metà più 1, ovvero 505 voti. Ad oggi però il pallottoliere e’ chiaro sia a sinistra che a destra mancano una cinquantina di voti. Senza scomodare la carica dei 101 che impallinarono Prodi, più famosi, almeno in politica, dei famosi cani di Crudelia, di episodi di franchi tiratori e’ piena la storia della prima Repubblica. Basti ricordare i franchi tiratori di Andreotti che affossarono Forlani, cambiando anche il destino dell’Italia, alle soglie di Tangentopoli. La sinistra poi spesso si divide in questi momenti decisivi. Perché anziché litigare, discutere, dovrebbero mediare ed alfine uscire con un nome di compromesso sì ma altamente condiviso. Uno sforzo evidentemente difficile in questo consesso di chi “Lei non sa chi sono io” e di “Lei non sa che sono Dio”. A destra invece c’è più pragmatismo e si ragiona più su blocchi di potere, ma anche lì alla fine il cerchio non si chiude. Troppa distanza di interessi e troppe faide antiche e recenti. Alla fine cosa succederà? E’ presto per dirlo, ma gli unici due nomi capaci di coagulare un ampio schieramento sono i due presidenti. Con il fatto che però Draghi gode di ampio consenso solo come premier. Perché per il Quirinale la musica cambia. Questo Parlamento non voterà mai un presidente che poi lo scioglie od anche che seppur indirettamente renderebbe inevitabile un ricorso anticipato alle urne. Certo Se Mattarella accettasse di restare toglierebbe le castagne dal fuoco per molti.