Siamo sommersi dai rifiuti in tutto il mondo. E questo, lo sappiamo da anni, non fa bene alla salute del Pianeta ma sopratutto sta uccidendo l’umanità. Come le gocce che cadono a terra, inesorabilmente una dietro l’altra. Una goccia non fa il diluvio, ma tutte insieme sono devastanti. Le discariche a cielo aperto sono la nostra più grande vergogna e il nostro inferno. La gestione e lo smaltimento dell’immondizia ha un grande impatto ambientale, causando inquinamento dell’aria, dell’acqua e del terreno. I rifiuti mondiali aumenteranno del 70% entro il 2050. Gli Stati Uniti sono il paese più sprecone del mondo: ogni americano produce ben 809 kg di rifiuti all’anno. Soltanto New York genera 33 milioni di tonnellate di immondizia l’anno. Quanto alla plastica che finisce negli oceani la classifica cambia: Cina, Thailandia, Filippine, Indonesia e Vietnam insieme nel buttano in mare il 60% . Nel Mediterraneo il primo inquinatore è la Turchia. Noi, Europa e dunque Italia, non siamo da meno. Secondo i dati Eurostat nel 2020 sono state prodotte 4,8 tonnellate di rifiuti per abitante dell’UE, per un totale di circa 2.029 milioni di tonnellate di rifiuti i trattati nell’UE nel 2020. Anche se dal 2004 al 2020 la quantità di rifiuti riciclati è aumentata notevolmente. Oggi l’Italia è la migliore in Europa per capacità di riciclare e valorizzare i rifiuti: il 79% di quelli prodotti contro il 56% della Francia, il 50% del Regno Unito e il 43% della Germania.
Le discariche a cielo aperto
Ma non basta: il pericolo maggiore viene dalle discariche a cielo aperto, i luoghi più inquinati del mondo. A contendersi il primato negativo sono in 50, tra le quali: Agbogbloshie dump ad Accra, Ghana che è anche la discarica di rifiuti elettronici più grande al mondo. Awotan a Ibadan, Nigeria; Dandora a Nairobi, Kenya; Bantar Gebang tip a Bekasi, Indonesia e Deonar dump e Mumbai, India. La prima discarica più grande del mondo è stata inaugurata nel 1948 nel distretto newyorkese di Staten Island. Si chiamava Freshkills e ha continuato ad ospitare rifiuti di ogni tipo per 53 anni, prima di essere chiusa nel 2001 dall’EPA (Environmental Protection Agency). E’ stata poi convertita in un enorme parco verde. A Dakar, capitale del Senegal che conta tre milioni di abitanti, c’è un posto che sembra uscito da un film di fantascienza stile Blade Runner: è la discarica di Mbeubeuss, considerata oggi la più grande discarica del mondo. Un’altra discarica considerata una delle più grandi e più inquinanti al mondo si trova in Indonesia. La situazione insostenibile di Bantar Gebang è ampiamente documentata. Ogni giorno vi arrivano tra le 6.500 e le 7.000 tonnellate di immondizia da Jakarta. Senza un metodo funzionale per processare e smaltire questi rifiuti la situazione è insostenibile. L’associazione BGBJ, che si traduce in ‘I semi di Bantar Gebang’, aiuta le famiglie che traggono un piccolo reddito dal recupero di materiali preziosi da questi rifiuti, come plastica, carta, metalli, vetro e rifiuti elettronici. BGBJ è praticamente l’unica risorsa comunitaria che funge sia da ostello che da hub, un luogo che serve sia i visitatori che la comunità locale.
I semi di Bantar Gebang
La comunità di Bantar Gebang affronta una serie infinita di sfide quotidiane. Gli alloggi di scarsa qualità, mancanza di servizi igienici, infortuni e malattie legate al lavoro e a un ambiente malsano. Qui le famiglie sono composte per lo più da persone che non hanno trascorso un giorno a scuola. Sono analfabeti e malati. La raccolta dei rifiuti è l’unica attività del luogo per i ‘residenti’. La mancanza di competenze e istruzione riducono le opportunità disponibili per le famiglie che lavorano. Molti genitori decidono di tenere i propri figli lontani dalla scuola per farli lavorare con loro in discarica, per integrare il reddito familiare. Insomma è un gatto che si morde la coda. I bambini e i giovani, secondo il programma di BGBJ, sono i semi per un futuro positivo in discarica. BGBJ fornisce istruzione, formazione, assistenza, cibo e divertimento per i bambini che non hanno accesso a queste risorse. Con l’istruzione e la formazione professionale, l’associazione intende procurare alternative migliorative ai giovani. Fornendo loro gli strumenti e le conoscenze per spezzare il ciclo della povertà e creare un ambiente sano e sicuro, per se stessi e le loro famiglie.
Rifiuti: illusioni o soluzioni
Le discariche a cielo aperto ricevono il 40% dei rifiuti mondiali, con immensi danni alla salute umana e all’ambiente. La Banca Mondiale ha stimato che a livello globale, nel 2020, abbiamo generato circa 2,24 miliardi di tonnellate di rifiuti solidi. Di questi, circa il 33% viene gestito in modo errato. Ma il peggio deve ancora arrivare. Se continuiamo così entro il 2050 la popolazione mondiale, che è in aumento, potrebbe generare circa 3,88 miliardi di tonnellate di rifiuti solidi. Significa un aumento di quasi il 73% rispetto al 2020. La conseguenze sul clima e sulla salute del Pianeta saranno catastrofiche. Non sono dati astratti, ci riguardano da vicino, riguardano la nostra qualità di vita. Alcuni paesi tuttavia stanno cercando soluzioni chiave che potranno aprire la strada verso un corretto trattamento dei rifiuti. Anche la diffusione della pandemia ha peggiorato la situazione. I rifiuti derivanti dalla plastica di apparecchiature mediche, mascherine, guanti e scatole si sono accumulati e non sono stati correttamente smaltiti. A livello globale, uno studio dell’OMS afferma che da marzo 2020 a novembre 2021 sono stati acquistati circa 87.000 tonnellate di dispositivi di protezione individuale destinati ai paesi colpiti dal Covid. Com’era prevedibile, la maggior parte di loro si sono trasformati in immondizia non riciclata.
Il riscatto dell’Asia
L’Asia è il continente che, più di tutti al mondo e da molti anni, versa in una condizione particolarmente allarmante. I rifiuti, in particolare quelli derivanti dalla plastica, impattano maggiormente sull’inquinamento ambientale e alimentare. Ci sono associazioni che sempre di più vengono create e ‘riciclate’ per occuparsi solo della questione ambientale. Come l’ASEAN (l’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico) che cerca di fronteggiare e risolvere alcuni dei problemi legati alla plastica attraverso programmi ad hoc. Come ‘The Regional Actional Plan’ che mira a utilizzare, raccogliere e riciclare meglio la plastica e diminuire i detriti della stessa nel mare. Dalla Corea del Sud alla Thailandia, da Taiwan all’India, le città dell’Asia sono desiderose di sviluppare discariche sanitarie e sistemi di riciclo corretti. Per questo le autorità centrali e le strutture di gestione dei rifiuti, anche da privati, stanno aumentando la loro capacità di trattamento e di smaltimento. Ci sono alcuni paesi asiatici che hanno trovato delle ottime soluzioni per combattere gli sprechi e ora stanno aprendo la strada a tutto il continente. Un esempio per tutti: nel 1995 la Corea del Sud riciclava solo il 2% dei rifiuti alimentari, oggi riesce a riciclarne il 95%.