
Parlando di una “ricomposizione necessaria” anche in vista dell’elezione del successore di Mattarella al Quirinale Massimo D’Alema prova a rientrare nel Pd, partito che aveva abbandonato insieme a Bersani e Speranza all’epoca della segreteria renziana per formare Articolo 1. Ce la farà la ‘ditta’ a rimetter piede al Nazareno? Difficile, a giudicare, dalla prima mossa: quella fatta da D’Alema, durissimo contro la stagione renziana nel Pd (“una malattia terribile che è guarita da sola, ma che c’era”… ), parole che hanno fatto arrabbiare anche il segretario Enrico Letta.
Le parole usate dal ‘leder maximo’ per definire quella stagione, pronunciate nel corso dello scambio di auguri di fine anno via Zoom con gli altri esponenti di Articolo 1, hanno scatenato infatti una bufera tra i dem e provocato “profonda irritazione” ai piani alti del Nazareno oltre ovviamente alle risposte piccate dei seguaci dell’ex-premier fiorentino e a quella sarcastica dello stesso Renzi.
Insomma un terremoto la mossa dell’ex-premier, tanto che Letta è stato costretto a scendere in campo per difendere l’ex-rottamatore, l’uomo che lo sloggiò da palazzo Chigi e al quale fu costretto a consegnare, platealmente riluttante, la campanella del cambio della guardia nella sede del governo. Un tweet secco per replicare a D’Alema e difendere la stagione politica del suo rivale storico: “Il Pd da quando è nato, 14 anni fa, è l’unica grande casa dei democratici e progressisti italiani. Sono orgoglioso di esserne il segretario pro tempore e di portare avanti questa storia nell’interesse dell’Italia. Nessuna malattia e quindi nessuna guarigione. Solo passione e impegno” ha sintetizzato così il suo pensiero il segretario dem, anche per placare l’agitazione interna della corrente Base riformista.
Pure Filippo Sensi, che fu portavoce di Renzi a Palazzo Chigi, ha attaccato D’Alema: “Trovo davvero offensivo e sbagliato definire gli avversari politici come malattie. Di una persona, di un gruppo dirigente, di una stagione e di una comunità non direi mai malattia” ha scritto l’attuale deputato dem. Duro anche il presidente di Italia viva, Ettore Rosato: “D’Alema annuncia che intende rientrare nel Pd ormai guarito dalla malattia. Tra questo rientro e l’alleanza strategica con Conte, Bonafede e Toninelli sono contento che il nostro futuro sia altrove”.
Infine il diretto interessato, l’ex-rottamatore, che non ci è andato tenero come nel suo stile: “D’Alema mi ha sempre fatto la guerra da dentro e da fuori. Quando ho guidato il Pd abbiamo preso il 40 per cento, governato 17 regioni su 20 e scritto pagine importanti sui diritti, per abbassare le tasse, sul lavoro e sull’impresa con Industria 4.0. Con noi la classe operaia ha ricevuto più soldi, non solo con gli 80 euro. Per uno come D’Alema tutto ciò è una malattia. La ricetta del dottor D’Alema, chiamiamolo così, è avere il 20%, stare all’opposizione in larga parte delle Regioni, fare convegni sui diritti senza approvare alcuna riforma, fare scioperi sul lavoro e scommettere su sussidi di cittadinanza. Sono due visioni opposte della vita e della politica. Se i Dem di oggi pensano che il renzismo sia la malattia e D’Alema sia la cura sono contento per loro e faccio molti fervidi auguri. È il motivo per cui non sono più nel Pd: io credo nel riformismo, loro nel dalemismo” ha detto Renzi, intervistato dal Messaggero.
Ma, per non farsi mancare niente, D’Alema nel suo intervento ha lanciato frecciate anche al presidente del consiglio, Mario Draghi: “L’idea che il premier si auto-elegge Capo dello Stato e nomina al suo posto un alto funzionario del ministero dell’economia mi pare non adeguata per un grande Paese democratico come l’Italia, con tutto il rispetto per le persone”. E poi: “Non mi impressiona che abbiamo al governo Draghi, che è una condizione di necessità, ma il tipo di campagna culturale che accompagna questa operazione, sulla necessità di sospendere la democrazia e di affidarsi a un potere altro che altro non è se non il potere della grande finanza internazionale”. Quindi, per D’Alema la scelta del nuovo Presidente della Repubblica deve essere l’occasione per “un ritorno in campo della politica”, con “una soluzione di compromesso che, inevitabilmente, non potrà non coinvolgere un ampio campo”.