Molti niet nel discorso di Putin, ne’ nucleare, ne’ escalation. Solo la giustificazione per la ”sua guerra”: ”L’Occidente preparava un’invasione, giusta la nostra operazione”. E di operazione ha sempre parlato salvo sul Donbass, definito ”teatro di guerra”. E siccome le parole pesano eccome in diplomazia e sopratutto al Cremlino, notare la differenza tra l’operazione speciale in Ucraina, tra l’altro mai direttamente citata, e la guerra nel sud del paese potrebbe essere significativo. Cioè il Donbass da conquistare il piu’ rapidamente possibile per poi eventualmente aprire alla trattativa. Che appare sempre piu necessaria anche per sbloccare le riserve di grano, che se non esportato, potrebbe portare alla carestia soprattutto nel Nord Africa. Un’emergenza nell’emergenza e non e’ detto che Putin possa farsi il paladino dei paesi poveri, facendo alla fine vedere volerli aiutare. Insomma le parole di Putin per il 9 maggio (stranamente stessa data quella della festa russa per la vittoria sul nazismo in cui fu trovato il corpo di Aldo Moro, ucciso dalle Br, proprio a pochi passi dalla allora sede del Pci). In qualche modo Putin ha anche inteso rispondere agli ”incendiari” occidentali, anche ringraziando quegli americani che si batterono contro il nazismo, con una sorta di cauta apertura. Forse il leader del Cremlino si sente anche indebolito internamente e comincia fare i conti di una guerra che, visto anche come la definisce parlando di operazione, si aspettava meno cruenta. Che davvero Putin stia cominciando seriamente a pensare ad una exit strategy?