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sabato, 10 Giugno 2023

“Sapete già chi sono io: sono Matteo Messina Denaro”

“Sapete già chi sono io: sono Matteo Messina Denaro”.

Il colonnello del Ros Lucio Arcidiacono è l’uomo che ha arrestato l’ex latitante stamattina in una stradina adiacente alla clinica La Maddalena, una delle più note di Palermo (per ironia della sorte a pochi minuti dalla sede della Dia). E racconta così il momento della cattura. Il capo di Cosa Nostra trapanese si era recato lì per una terapia chemioterapica. “Quando ho sentito quelle parole, – ha raccontato l’ufficiale dei carabinieri – non so spiegare cosa ho provato, no, è una cosa troppo complessa. La nostra vita negli ultimi anni è stata dedicata a questo obiettivo”. 

Il boss mafioso, latitante da oltre 30 anni e condannato a vari ergastoli per le stragi mafiose del ’92, quelle di Capaci e via D’Amelio e per altri omicidi, è stato arrestato dai carabinieri del Ros stamattina poco dopo le 8: cercava di allontanarsi dalla clinica accompagnato da un fiancheggiatore, arrestato anche lui. In day ospital aveva in programma una chemio per il tumore al fegato di cui soffre. Messina Denaro si è accorto del movimento intorno ala clinica ed ha provato a dileguarsi ma tutta la zona era circondata e quando gli si sono avvicinati due militari per fermarlo ha capito che non c’era più nulla da fare. L’inchiesta che ha portato alla cattura del capomafia di Castelvetrano (Tp) è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e dal procuratore aggiunto Paolo Guido.

Montone griffato, cappellino e al polso un Franck Muller da 35mila euro: questo l’abbigliamento dell’ex-latitante fermato dai militari e trasferito subito su un furgone nero in una caserma dei carabinieri. I pazienti della clinica, tenuti fuori dalla struttura per ore, si sono resi conto solo dopo di quanto era accaduto e hanno applaudito i militari ringraziandoli. Stessa scena fuori dalla caserma Dalla Chiesa, sede della Legione, dove nel pomeriggio il procuratore di Palermo Maurizio de Lucia, l’aggiunto Paolo Guido, il generale del Ros Pasquale Angelosanto e il comandante palermitano del Raggruppamento Speciale Lucio Arcidiacono hanno tenuto una conferenza stampa.

Una cattura quella del boss di Castelvetrano resa possibile seguendo la pista delle intercettazioni – decisive – delle telefonate dei suoi familiari che, alla fine, hanno fatto l’errore fatale. Secondo una ricostruzione dell’Ansa, parlando tra loro, pur sapendo di essere intercettati, hanno fatto cenno alle malattie del capomafia. L’inchiesta è partita da lì. E indagando sui dati della piattaforma del ministero della Salute che conserva le informazioni sui pazienti oncologici, si è riusciti a stilare una lista di pazienti sospettati. Un nome avrebbe insospettito fortemente gli inquirenti: Andrea Bonafede, parente di un antico favoreggiatore del boss. Avrebbe un anno fa subito un intervento al fegato alla Maddalena. Ma nel giorno in cui doveva trovarsi sotto ai ferri, hanno scoperto i magistrati, Bonafede era a casa sua a Campobello di Mazara. E allora il sospetto che il latitante usasse l’identità di un altro si è fatto forte. La prenotazione di una seduta di chemioterapia a nome di Bonafede ha fatto scattare il blitz. Messina Denaro, alias Andrea Bonafede, sarà destinato ad un carcere di massima sicurezza, ma anche un istituto che gli possa permettere di seguire le sue cure visto che soffre di gravi patologie (non incompatibili con il 41bis).

Gianfranco Eminente
Gianfranco Eminente
Cronista prima di tutto. Ha iniziato il praticantato ed è diventato giornalista professionista lavorando per 'Il Giornale d'Italia' nel 1974. E' passato poi all'Agenzia Italia ricoprendo vari incarichi: inviato speciale, capo degli Esteri e del servizio Diplomatico, anche quirinalista e dal 1989, a Montecitorio, redattore capo e responsabile del servizio Politico di questa primaria agenzia di stampa nazionale. Nel 2001 è stato nominato vice-Direttore vicario sempre all'Agi, incarico che ha mantenuto fino al 2009. Giornalista parlamentare.

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