Il calcio femminile proibito dai talebani, che avrebbero anche bruciato le case di alcune giocatrici. Parla l’ex capitana della squadra nazionale, che sta cercando di mettere in salvo le sportive e le loro famiglie
Un gruppo di 32 calciatrici afgane e le loro famiglie stanno cercando un rifugio sicuro dai talebani dopo essere fuggite in Pakistan. Impegnata per trovare loro una nuova casa, l’ex capitano della squadra femminile afghana, Khalida Popal. Le squadre nazionali maggiore e giovanile sono state le prime a lasciare il paese, ottenendo asilo rispettivamente in Australia e Portogallo. L’organizzazione internazionale Football for Peace ha organizzato la partenza delle calciatrici afgane e delle loro famiglie per tutto il mese di settembre. Circa 135 persone sono state sfollate e si trovano ora in Pakistan.
Bruciate
“Stiamo facendo del nostro meglio per trovare un paese ospitante “, ha detto Khalida Popal all’emittente tedesca DW. Alcune giocatrici “hanno avuto le case bruciate e alcuni loro famigliari sono stati presi dai talebani”. Popal ha rivolto un appello a tutte le donne afgane a non arrendersi: “Mi sento dispiaciuta e triste per il mio popolo, in particolare per le donne in Afghanistan. Voglio dirvi, restate forti. Stiamo facendo del nostro meglio per aiutarvi in ogni modo possibile”. Popal ora vive in Danimarca: “Ho trovato la mia libertà attraverso il calcio. La scelta per il calcio femminile si basava sulla difesa dei nostri diritti e sulla sfida a una cultura che sottraeva alle donne i diritti umani fondamentali”.
Talebani
I talebani avevano bandito le donne e le ragazze dall’istruzione o dallo sport tra il 1996 e il 2001. Quando ad agosto gli studenti coranici hanno ripreso il potere a Kabul, Popal aveva avvertito le ragazze che giocavano a calcio di bruciare le divise e di cancellare i loro account sui social media. L’8 settembre scorso, un portavoce dei talebani, Ahmadullah Wasiq, ha dichiarato all’emittente australiana SBS che “l’Islam e l’Emirato islamico dell’Afghanistan non consentono alle donne di giocare o praticare sport in cui vengono esposte”. Lo sport per le donne “non è necessario. I loro volti e i loro corpi potrebbero essere non coperti” e paradossalmente ha chiosato: “Siamo nell’era dei media, ci saranno foto e video, e la gente le guarderà”.