Il premier è ormai accerchiato. C’è un avviso di sfratto sottaciuto, perché relegato nelle pagine interne dei maggiori quotidiani. Faccenda di veline, anche semplicemente telefoniche. Ma le parole sono pietre e rimangano. Allora, che cosa è successo? Semplicemente che anche se si è provato a sottacerla, cosa grave da un punto di vista della libera informazione, la seconda carica dello Stato, la presidente del Senato, Maria Elisabetta Castellani, ha criticato duramente il governo Conte per la gestione della emergenza. E dato politicamente rilevante è che non lo ha fatto in una intervista, che può essere sempre essere fraintesa, né tantomeno con con uno dei quei spifferi di corridoio, che ormai sostituiscono le veline scritte. Uno dei pochi che ha scritto sul caso è Alessandro Sallusti sul Giornale. E qui non siamo ad questione di destra o di sinistra, il problema è uno solo, capire le dinamiche.
E Sallusti pare abbia preso il verso politico: ”L’attacco a Conte è una notizia in sé, ma lo è ancora di più perché stiamo parlando della seconda carica dello Stato, dopo il presidente Mattarella, il quale certamente non ha appreso della cosa dalle agenzie ma, conoscendo come funziono certe cose da quelle parti, è stato precedentemente informato e non ha opposto obiezioni”. Quindi se ne deduce che la critica della Casellati è condivisa, oppure semplicemente di avviso per Conte, un avviso che sa tanto di sfratto. Renzi non sta tirando la corda da solo. È il grimaldello di una accordo ben più ampio di quello che appare, per mettere Conte alle strette per innescare una crisi che porti a un cambio di governo. Naturalmente visti gli attuali equilibri tutto dipende dal Pd ed in prima persona da Zingaretti.
Ma il tempo passa inesorabile e le elezioni politiche anche alla scadenza naturale si avvicinano. O il Pd batte un colpo o rischia di rimanerne travolto. Renzi non sarà mai un gregario, potrà anche politicamente morire ma mai da comprimario. Se il centrosinistra può provare a vincere deve scaricare Conte. Non ci si può sempre parare dietro un paravento senza assumersi la responsabilità in prima persona. Assomiglia tanto a un’ultima chiamata. Poi ovviamente ciascuno è responsabile del proprio destino, soprattutto se è scritto.