Proprio con l’avvicinarsi del via alla corsa per il Colle, nel momento in cui servirà la massima compattezza, il centrosinistra a guida Pd, mostra evidenti lacerazioni. Forse per ingraziarsi i grillini Letta aveva offerto a Conte il seggio lasciato a Roma da Gualtieri. Ma dopo il guanto della sfida lanciato da Calenda, che voleva scendere in campo contro Conte, o meglio contro i grillini, come tali e la successiva “fuga” dello stesso Conte, si scopre la fragilità della coalizione. Se tiri da una parte si strappa dall’altra. Un bel guaio con il campo che anziché allargarsi come sperato da Letta si stringe. E si stringe pure a sinistra con lo sciopero di Landini, che lacera la tela faticosamente tessuta a sinistra. Doppia delusione per i dem, dai grillini considerati ormai indispensabili per la prossima campagna elettorale e dalla Cgil da sempre, dai tempi delle Botteghe Oscure il loro sindacato. Sebbene il ministro del lavoro, Andrea Orlando e l’intero partito, siano indaffarati a riannodare il dialogo con palazzo Chigi. Ma si sa, il premier non è uomo facilmente addomesticabile. Quando decide decide, pendere o lasciare. E’ ovvio che la protesta punta propio a Mario Draghi nonostante l’opera del Pd in Consiglio dei ministri per il contributo di solidarietà contro il caro bollette. Ma Landini finge di non sapere che il governo non è un monocolore del Pd, ma rappresenta anche il centrodestra. Sono segnali di fumo per un futuro prossimo o lontano? Non sono comunque bei segnali non tanto in vista di elezioni ma di quello che avverrà tra non molti giorni quando si dovrà decidere sul Quirinale. Con un centrodestra, che sebbene anch’esso diviso, un candidato, Berlusconi, comunque c’è l’ha. Mentre a sinistra per ora è ancora buio, tanti nomi molti al femminile ma nessuna certezza.