Senato ultima spiaggia? Sembrano tornare i tempi del trotzkista Turigliatto o dell’argentino Pallaro, o almeno così qualcuno spera. Con la vittoria dei 5stelle in qualche collegio senatoriale conteso, la preannunciata maggioranza di destra a Palazzo Madama dopo il 25 settembre potrebbe ritrovarsi sul filo del rasoio. Almeno questa sembra essere la speranza di chi vede con orrore un governo orbaniano in salsa italiana. Dall’altro lato sarebbe un vero e proprio di incubo per Giorgia Meloni.
Taglio
Il nuovo Senato, dopo il taglio dei parlamentari, è stato ridotto a 200 scranni, dei quali 4 per gli eletti all’estero. Ci sono poi sempre incombenti i sei senatori a vita (Napolitano, Monti, Elena Cattaneo, Piano, Rubbia, e Liliana Segre), tutti in linea di massima orientati per il centrosinistra. In attesa del responso effettivo delle urne, girano voci, sondaggi segreti ed elucubrazioni varie. Di scherzetti nella ovattata aula di Palazzo Madama se ne sono avuti parecchi nelle ultime legislature, a cominciare da quella votazione al cardiopalma nel 1994, quando alla presidenza del Senato passò Carlo Scognamiglio (centrodestra) e ai danni di Giovanni Spadolini.
Serena
Comunque, il fatto oggi che la leader di Fratelli d’Italia non sia proprio serena, lo accredita un retroscena di Repubblica. “Qualcosa non torna – avrebbe detto ai suoi -, se sbandiamo all’ultimo tornante rischiamo la beffa. Non possiamo permetterci un pareggio in Senato”. Caso mai Giuseppe Conte dovesse sfondare al Sud grazie alla bandiera del reddito di cittadinanza, il centrodestra rischierebbe una maggioranza super fragile. E, addirittura, a quota 102 – 103 voti una maggioranza farlocca, destinata a confidare soltanto sulla fragilità dei senatori a vita. D’altronde a destra in molti si sono da sempre augurati la loro ‘scomparsa’, figurata o meno.
Inciucio
Con questi numeri a Palazzo Madama il governo “Meloni I” si troverebbe nelle condizioni non certo gradevoli dell’anatra zoppa e a rischio nuovo inciucio o “inciucione”, ovvero di patti di Palazzo per varare e tenere in piedi l’esecutivo. Un eventuale pareggio, ma anche la vittoria molto risicata, aprirebbe lo spazio a vari scenari. Intanto c’è quello dell’arrivo a Palazzo Chigi di una personalità di destra, probabilmente con legami meno diretti con la tradizione missina, con un aplomb più tecnocratico e soprattutto vista più di buon occhio dagli alleati UE e Nato. Un altro possibile scenario vede un ruolo per l’area di centro. L’abilità di manovratore politico di Renzi è ben nota e Calenda non ha mai nascosto la sua propensione per il ruolo dei tecnici. Al momento un nuovo ‘embrassons nous’ con ipotetiche larghe intese, è tenuto in piedi dalla reiterazione della candidatura di Mario Draghi.