Decine di migliaia di persone hanno partecipato a Roma al corteo per la pace in Ucraina (centomila secondo gli organizzatori, trentamila secondo la Questura). La marcia pacifista è stata aperta da uno striscione con la scritta ‘Europe for Peace’ portato da scout e dai giovani della comunità di Sant’Egidio, dietro le organizzazioni promotrici e rappresentanti delle istituzioni: sindaci e presidenti di regione.
Nessuna bandiera di partito ma politici sì, come Giuseppe Conte, leader dei Cinquestelle e Enrico Letta, segretario Pd. Una presenza che ha marcato ancora di più le distanze tra M5s e Pd sull’Ucraina e sui modi per far finire la guerra e far scoppiare la pace: negoziato e stop all’invio di armi a Kiev per Conte, totale solidarietà all’Ucraina aggredita dalla Russia per Letta, anche con aiuti militari. Momenti di tensione quando il segretario dem, proprio per aver confermato questa posizione, è stato contestato da alcuni partecipanti alla marcia al grido di “Fascista”, “Guerrafondaio”, “Filo-americano di m….”, “C…..one”. Per evitare incidenti Letta ha deciso di abbandonare il corteo ed ha anticipato il suo arrivo a piazza San Giovanni dove il raduno poi si è sciolto.
Durissimo l’ex-premier Conte contro il governo Meloni, in particolare contro il ministro della difesa Crosetto sull’invio di armi a Zelensky. “Ho sentito dire al ministro Crosetto che il governo si appresta a fare il sesto invio di armi all’Ucraina. Il governo non si azzardi a procedere senza aver interpellato il Parlamento, tanto più trattandosi di un governo politico che non è più di larghe intese” ha detto Conte. Kiev “e’ armata di tutto punto”, ha aggiunto l’ex premier non nascondendo la sua netta contrarietà ad aiutare ancora militarmente l’Ucraina. Per Conte i cittadini(la “maggioranza silenziosa”) sono oggi in piazza per far sentire la loro voce, “stanchi di una strategia che sta portando ad un’escalation militare“ mentre è arrivato il momento – ha insistito – “di promuovere un negoziato di pace”, che veda i paesi belligeranti protagonisti ma in una cornice internazionale.
La replica di Crosetto è arrivata a stretto giro: dopo aver ricordato che i Cinquestelle hanno votato cinque volte a favore dell’invio di armi a Kiev ed aver preso atto che Conte su questo “ha cambiato idea”, nonostante sia stato proprio il suo governo a decretare l’invio di armi a Kiev, il ministro della Difesa ha risposto ai toni minacciosi dell’ex-premier. “Giuseppe Conte dice che ‘non mi devo azzardare’ a un nuovo invio di armi senza passare dal Parlamento. Conte può stare sereno, il ministero, non il ministro (che non dispone delle istituzioni ne’ delle organizzazioni, ma le rappresenta e le serve) seguirà le leggi come ha sempre fatto dalla sua istituzione in età repubblicana”.