Le riforme istituzionali oppio della politica, si potrebbe dire parafrasando Marx. Oppure con Shakespeare: molto rumore per nulla. Sono lontani i tempi in cui Bettino Craxi pensava di rimediare al deficit decisionale delle istituzioni italiane, proponendo la formula di successo di Mitterrand in Francia. Oggi, in epoca di sovranismo e di autocrati, il presidenzialismo fa davvero paura, anche perché come sosteneva Winston Churchill: “Si è detto che la democrazia sia la peggior forma di governo. Eccezion fatta per tutte le altre sperimentate finora”.
Golpe bianco
Così mentre riparte il nuovo tira e molla delle riforme istituzionali, questa volta tra l’incudine del presidenzialismo e il martello dell’autonomia differenziata, Vincenzo Vita sul Manifesto scrive: “Gli esempi non sono neppure gli sgualciti ordinamenti anglosassoni, bensì i più recenti modelli autoritari, dalla Polonia all’Ungheria. In simile contesto, e con una magistratura sottoposta ad attacchi costanti, il dominio pressoché assoluto sul sistema radiotelevisivo rende il rischio di un golpe bianco tutt’altro che fantascientifico”. Parole pesanti che non sembrano turbare più di tanto chi anche nell’opposizione pare interessato soprattutto al rafforzamento dei poteri del premier e alla sua elezione diretta, camuffandolo da “sindaco d’Italia”. Oppure chi, dopo aver sabotato il Parlamento con la riduzione del numero degli eletti, oggi si dice preoccupato per le “criticità, a partire dal problema dell’instabilità degli esecutivi”. Su questi oppositori da commedia dell’arte ci sarebbe da ridere, se non ci fosse da piangere.
Monocromia
Elly Schlein, segretaria del Pd, prova a colorare la monocromia presidenzialista e parte dall’ovvio: “Questa discussione sulle riforme non è una priorità del Paese. Le priorità sono lavoro, sanità, Pnrr, clima, giovani, casa”. Un quadro drammatico e impietoso sull’incapacità di chi disponendo di numeri alla grande per governare, non sembra però avere le idee giuste. Altro che maggiori poteri. Schlein scandisce: “Non siamo per il modello di un uomo o un donna soli al comando. Diciamo no all’elezione diretta del Presidente della Repubblica e anche al premierato – il cosiddetto sindaco d’Italia -, perché indebolirebbero il Parlamento”. La segretaria Pd non ha dubbi e rimarca: “Ciò che non vogliamo e a cui non ci prestiamo è l’indebolimento di pesi e dei contrappesi previsti dalla Carta. Così come non si tocca l’istituzione del Presidente della Repubblica”. Le riforme restano il piano della destra, ma almeno qualcuno all’opposizione c’è.