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sabato, 23 Settembre 2023

Comunità ebraica Roma, alle elezioni vince la lista “Dor Va Dor” guidata da Victor Fadlun. Battuta per una cinquantina di voti “Per Israele” della presidente uscente Ruth Dureghello

Victor Fadlun è il nuovo presidente della Comunità ebraica di Roma

AGGIORNAMENTO

(Roma, 30 giugno)

Victor Fadlun è il nuovo presidente della Comunità ebraica di Roma. Esponente della lista “Dor Va Dor”, componente trasversale alla Comunità, 49 anni, di origini libiche, ha lavorato come manager in vari settori, dal finanziario al real estate. Succede a Ruth Dureghello, che per otto anni aveva guidato la Comunità, come esponente della storica lista “Per Israele”. La lista Dor Va Dor ha conquistato alle elezioni del 18 giugno il 37,87% dei voti. Poiché nessuna delle liste in lizza aveva superato il 45%, quota che dà diritto all’elezione diretta del presidente, è stato il neoeletto Consiglio a procedere al voto.

Uniti

Per Fadlun, che ha ottenuto 16 voti, oltre ai consiglieri della sua lista si sono espressi anche quelli di “Ha Bait”, guidata da Daniele Massimo Regard. I consiglieri di Per Israele hanno votato la loro candidata, l’avvocato Antonella Di Castro. “È un grande onore essere stato scelto come presidente — ha dichiarato Fadlun —, ma è anche una grande responsabilità. Serve essere uniti per fronteggiare le emergenze e le sfide che si presentano oggi alla nostra Comunità”. Fadlun si è impegnato a costruire, riferisce il Corriere della sera Roma, le condizioni per un governo condiviso della Comunità, “in cui nessuno possa sentirsi escluso o relegato in un rigido ruolo d’opposizione”.


(Roma, 19 giugno)

Vince “Dor Va Dor” (“Per le generazioni”), che per una cinquantina di voti batte “Per Israele”, la lista della presidente uscente Ruth Dureghello. La Comunità Ebraica di Roma, la più antica d’Europa, ha votato per eleggere il suo presidente e rinnovare il ‘parlamentino’, il Consiglio, composto di 27 membri. Coinvolti i circa 15mila ebrei della Capitale. In calo l’affluenza al voto al con il 33,63%, rispetto al 34,65% del 2019. Dor Va Dor ha conquistato 1207 voti (37,87%) e 10 seggi. Dieci seggi anche a Per Israele con 1156 voti (36,27%). Sette seggi alla lista progressista “Ha Bait” (“Casa di tutti”) con 824 voti (25,86%). I tre candidati che si sfidavano per la presidenza sono stati il manager Victor Fadlun per Dor Va Dor, l’avvocato Antonella Di Castro di Per Israele e il giornalista Daniele Massimo Regard per Ha Bait.

Statuto

Secondo lo statuto, poiché nessuna delle liste ha superato il 45%, che dà diritto al premio di maggioranza e all’elezione diretta del presidente, ora si dovrà trovare una mediazione. Entro quindici giorni è convocato il Consiglio per eleggere il nuovo presidente. Prima del voto Ruth Dureghello, che quattro anni fa aveva ottenuto il 48,51%, aveva salutato ricordando: “In una Comunità viva e vivace come la nostra, la partecipazione ed il contributo di tutti è sempre utile, ma anche condizione necessaria di democrazia. Con la lista che negli ultimi 8 anni ho avuto l’onore di guidare, si è costruito un modello di gestione di Comunità di cui andiamo orgogliosi”. I primi rapporti fra Roma e l’ebraismo risalgono al 161 a.C., quando due ambasciatori si presentarono al Senato dell’Urbe. Una tradizione vuole che fossero ospitati da ebrei che già vivevano in città, mercanti e schiavi liberati. Svetonio ricorda che gli ebrei di Roma parteciparono in massa ai funerali di Giulio Cesare, che li aveva protetti.

Ghetto

In età imperiale la comunità ebraica di Roma divenne importantissima, ma nel 132 l’imperatore Adriano vietò agli ebrei la circoncisione e lo studio dei testi sacri. Con il passaggio del potere al governo papale, durato fino al 1870, gli ebrei romani iniziarono a essere discriminati. A volte, però, trovarono illustri difensori, come Papa Gregorio I Magno (590-604). Durante il Medioevo la presenza ebraica a Roma si andò concentrando sulla riva del Tevere, davanti all’isola Tiberina. Con il Concilio di Trento mutò il clima, fino ad allora abbastanza tollerante. Il Sant’Uffizio iniziò la sua attività a favore delle conversioni. Nel luglio 1555 Papa Paolo IV istituì un ghetto e gli ebrei dovevano indossare un segno giallo. Il ghetto durò fino all’unificazione dell’Italia e alla dissoluzione dello Stato pontificio, con brevi interruzioni per l’arrivo degli eserciti di Napoleone e durante la Repubblica Romana (1848-1850). Nel 1904 fu inaugurato il Tempio Maggiore. La partecipazione ebraica, in percentuale sulla popolazione, fu considerevole sia al Risorgimento sia alla Prima Guerra mondiale.

Deportati

Dal 1929 con il Concordato di Mussolini con la Santa Sede, si risvegliarono i sentimenti antiebraici fino alle famigerate leggi razziali del 1938. Nel periodo 1943-44 l’invasione nazista e le deportazioni segnarono profondamente la collettività ebraica romana, con il tragico rastrellamento del ghetto del 16 ottobre 1943. Furono deportati in 1022, dei quali sopravvissero soltanto 15 uomini e una donna. Con la proclamazione della Repubblica ebbe inizio il processo di riconfigurazione della Comunità, che lentamente assunse l’assetto attuale. Terribile l’attentato terroristico palestinese del 1982, in cui morì un bambino e furono ferite una quarantina di persone. Nel 1986 Giovanni Paolo II fu il primo Papa a visitare la Sinagoga maggiore. Sono molto forti i legami della Comunità con Israele, molti i cittadini con doppio passaporto, che si concentrano soprattutto a Tel Aviv e nella capitale Gerusalemme.

Alessandro Cavaglià
Alessandro Cavaglià
Giornalista parlamentare, classe 1956. Già vice caporedattore AGI, responsabile pro tempore delle redazioni Politico-parlamentare, Interni-Cronaca e della Rete speciale per Medio Oriente e Africa. Ha lavorato ad AdnKronos e collaborato con La Stampa e Il Mondo. Laureato in Lettere-Storia moderna all'Università La Sapienza di Roma

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