Estate calda per gli scioperi negli Stati Uniti. Dagli attori e sceneggiatori di Hollywood ai baristi di Starbucks, alla minaccia di astensione a settembre dei metalmeccanici delle grandi marche automobilistiche se fallirà il negoziato contrattuale. Le interruzioni del lavoro negli USA hanno raggiunto quest’anno livelli raramente toccati negli ultimi decenni. A partire dagli anni ’80 del secolo scorso il numero dei sindacati e il loro potere sono diminuiti drasticamente. La percentuale dei lavoratori iscritti a un sindacato è scesa a circa il 10% nel 2022, da oltre il 20% nel 1983. Inoltre, la politica federale e le decisioni dei tribunali hanno eroso nel corso di decenni le tutele legali e indebolito il diritto di sciopero.
Pugno di ferro
Clamoroso nel 1981 il pugno di ferro adottato dall’allora presidente repubblicano, Ronald Reagan, per bloccare lo sciopero dei controllori del traffico aereo. Il presidente annunciò che avrebbe licenziato i lavoratori, se non fossero tornati al loro posto entro 48 ore. I più di 11mila che tentarono di resistere, furono licenziati e sostituiti e il loro sindacato disciolto. Da quel momento anche i datori di lavoro privati hanno puntato sulla carta di sostituire i lavoratori in sciopero, piuttosto che non negoziare. Questa estate, invece, gli scioperi hanno registrato un’impennata, i lavoratori americani cercano salari più alti per tenere il passo con l’inflazione. Il tutto nel quadro di un’economia che ormai da anni mostra una crescita del reddito radicalmente diseguale.
Ripresa
In ripresa è anche l’adesione ai sindacati. Secondo un sondaggio condotto in agosto da Gallup, circa il 67% degli americani afferma di approvare i sindacati, rispetto al 54% di dieci anni fa. Più di un terzo degli intervistati ritiene che i sindacati diventeranno più forti di quanto lo siano oggi, rispetto al 19% nel 2018. E proprio lo sciopero di Hollywood si è rivelato elemento di traino. La storica del lavoro alla Georgetown University ed ex sindacalista, Lane Windham, ha detto al Washington Post: “Un’intera generazione di giovani lavoratori vede gli attori partecipare ai picchetti e questo ha un’enorme influenza. Probabilmente avremo più azioni collettive e più scioperi nei prossimi 5-10 anni”. Un’astensione dal lavoro su larga scala si profila nel settore dell’auto. Il sindacato United Auto Workers (UAW) ha votato per autorizzare lo sciopero di circa 150mila operai di General Motors, Ford e Stellantis, qualora dovessero fallire i negoziati in vista della scadenza dei contratti il prossimo 14 settembre. Poche settimane fa è stato evitato lo sciopero di oltre 300mila addetti della United Parcel Service (UPS), grazie a un accordo raggiunto sul filo di lana.
Digitale
Le statistiche ufficiali del governo includono solo gli scioperi che coinvolgono mille o più lavoratori. Un database gestito dalla School of Industrial and Labour Relations della Cornell University, ne ha però calcolati diverse centinaia in più. La professoressa Kate Bronfenbrenner dice al New York Times: “Non ci sono solo i grandi scioperi di cui parlano i media, ma pure molti scioperi piccoli in ogni settore”, anche se l’adesione ai sindacati nel settore privato rimane bassa. Nel giugno scorso, i lavoratori del quotidiano digitale Insider hanno scioperato per ottenere il loro primo contratto. Dopo 13 giorni di lotta, guidati dalla News Guild di New York, hanno raggiunto un accordo provvisorio, che prevede un salario minimo di 65mila dollari, aumenti salariali del 10,25% per tutta la durata del contratto, tutele per giusta causa e una moratoria sui licenziamenti per il resto del 2023.