Ergastolo per i sei accusati dell’uccisione a Goma, il 22 febbraio 2021, dell’ambasciatore d’Italia nella Repubblica Democratica del Congo (RDC), Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e dell’autista Mustapha Milambo. La sentenza è stata emessa dal tribunale militare di Kinshasa. L’accusa aveva chiesto la pena di morte, ma lo Stato italiano, parte civile nel processo, si era dichiarato la pena carceraria.
Dolore
In una intervista al Corriere della Sera, il padre del diplomatico, Salvatore Attanasio, aveva rimarcato: “Noi siamo contrari alla pena di morte. Luca sarebbe stato contrario. Lo dicono la nostra Costituzione, il nostro senso civico, la nostra formazione cattolica. Sono gli stessi principi in cui si identificava nostro figlio. La pena capitale non potrà mai alleviare il dolore della nostra famiglia”. Al processo erano presenti soltanto cinque degli aggressori, il capo della banda assassina è stato condannato in contumacia. Attanasio è il primo ambasciatore italiano a essere ucciso nell’adempimento delle sue funzioni.
Nord Kivu
L’ambasciatore cadde vittima di un’imboscata tesa a un convoglio del Programma alimentare mondiale (PAM) delle Nazioni Unite nella regione orientale della RDC. Gli uomini sottoposti a processo, arrestati dalle autorità congolesi nel gennaio 2022, inizialmente hanno confessato un tentativo di rapimento a scopo di riscatto. Successivamente hanno ritrattato, sostenendo che le confessioni erano state estorte sotto tortura. La provincia molto ricca di risorse naturali del Nord Kivu, nel Congo orientale, è da decenni l’epicentro di conflitti tra milizie e bande armate appartenenti a diversi gruppi etnici e truppe governative di Kinshasa. Dal 2000 è presente nell’area la missione MONUSCO delle Nazioni Unite.
Verità
Il padre di Attanasio ha commentato con l’ANSA la sentenza: “Noi aspettiamo ancora la verità”. Salvatore Attanasio non crede al tentativo di rapimento e si augura che il processo che si aprirà in Italia il 25 maggio prossimo nei confronti di due funzionari del Pam, che avevano organizzato la missione, possa far emergere la verità. La procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio dei due, contestando loro il reato di omicidio colposo. In base alle indagini e a un’inchiesta interna dell’ONU, risulterebbe essere stato omessa – affermano gli inquirenti italiani – “ogni cautela idonea a tutelare l’integrità fisica dei partecipanti alla missione Pam”, in una zona nella quale “negli ultimi anni vi erano stati almeno una ventina di conflitti a fuoco tra gruppi criminali ed esercito regolare” congolese.