Ancora violenza e incubo in Iran. A poco più di un anno dalla fine di Mahsa Amini, non ce l’ha fatta la sedicenne Armita Geravand, picchiata a morte dagli scherani della polizia degli ayatollah, perché non indossava correttamente il velo. La giovane, dichiarata cerebralmente morta, è morta dopo oltre tre settimane di coma. Era stata aggredita a inizio ottobre nella metropolitana di Teheran dalla famigerata polizia morale, per violazione della legge nazionale sull’hijab.
Curdi
Anche Armita, così come Mahsa, era di etnia curda. Il suo agghiacciante caso è stato segnalato il 3 ottobre dal gruppo per i diritti dei curdi, Hengaw. La terribile morte di Armita Geravand potrebbe riaccendere le proteste popolari contro la teocrazia iraniana. La pesante repressione delle manifestazioni seguite all’uccisione di Mahsa Amini, non ha fermato la determinazione delle donne iraniane a sfidare e a battersi contro la legge sul velo obbligatorio, lo hijab. La risposta del regime, protettore tra l’altro dei terroristi di Hamas, è stata quella di puntare a imporre sanzioni ancora più severe per chi non rispetti l’obbligo del velo.
Indagine
Hengaw, gruppo per i diritti umani con sede in Norvegia, impegnato nella difesa della minoranza etnica curda in Iran, chiede un’indagine sul drammatico pestaggio e sulle sue conseguenze da parte di un team medico indipendente di Medici Senza Frontiere e del Comitato Internazionale della Croce Rossa. Le proteste antigovernative, ancora in corso nel Paese dalla morte di Masha nonostante la scarsa attenzione dei media, hanno causato centinaia morti e vedono migliaia di persone in carcere in seguito alla violenta repressione da parte delle forze di sicurezza del sanguinario regime islamico.